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Rotary Club Treviso
i club Tutti 007 per una
di
sera
Giancarlo Saran
L’incontro con Marco Mancini, una
vita al servizio (segreto) del Paese.
Personaggi come Marco Mancini
rendono onore all’Italia migliore. Una vita come un film. Narrata in un libro, “Le regole del
Quella che lavora spesso gioco” che, probabilmente, non avrebbe mai scritto, se non fosse
nell’ombra, rispettando un codice stato estromesso all’ingrosso, senza colpe. Racconti ricostruiti a
d’onore che, a volte, porta a memoria (e che memoria) “perché chi fa un lavoro come il mio
scontare amari sacrifici. È stato non si porta a casa fogli o fotocopie ma, nelle mente, tutto è cata-
ai vertici per anni dei servizi logato e ordinato anche se, per quella che poi è diventata memo-
ria scritta, ho dovuto strappare molte pagine dal libro interiore
segreti militari, ovvero il SISMI, dei ricordi”. Parole che pesano, e scorrendo le pagine presi come
arma dei carabinieri. se coinvolti all’interno di un film, si comprende ancor meglio
il tutto. Ripartiamo dalle terre di Romagna, di cui è nativo il
nostro protagonista. Ancora giovane sente la vocazione di servire
il paese indossando le stellette, preso dal mito e dall’esempio del
generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il ragazzo è sveglio, viene
subito inserito nel reparto antiterrorismo. Siamo a fine anni set-
tanta, le Brigate Rosse seminano panico e molte vittime inno-
centi. Il giovane brigadiere, nome in codice “tortellino”, forse per
le sue origini romagnole, si muove in assoluto anonimato assieme
ai suoi colleghi, Pluto, Titti, Zagor, agli ordini di Zerotrenta. Il 3
settembre del 1992 la notte che gli cambierà la vita. Per sempre.
È stato ammazzato il loro generale, in trincea contro la mafia a
Palermo. È il momento di decidere cosa fare davvero da grande.
“Bisognava scegliere se fare gli orfani per l’eternità o diventare
adulti” fedeli a quegli ideali per cui il Generale si era sacrificato.
Dovevano studiare l’avversario tanto da “entrare nella cultura del
nemico” leggendo i volantini, studiando le loro rivendicazioni,
facendo proprio un vocabolario che non gli apparteneva. “Stu-
diavamo anche il loro modo di deambulare, che è preciso quasi
come l’impronta digitale. Li pedinavamo senza vederli in volto,
ma riconoscendoli dalla camminata”. Seguono una serie di piani
sequenza in cui Marco Mancini ti coinvolge nel suo rapporto,
anche personale, con questi soggetti. Con Sergio Segio, “Sirio”
per tutti, fondatore di Prima Linea “desideravo sul serio dialogare
con lui, sentire le sue follie, ribaltargliele addosso come un treno
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