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di
        comunicazione                           Bruno Ambrosini



        Comunicare è uno strumento


        imperfetto






        Le parole sono pietre: alcune riflessioni per una
        comunicazione efficace


          Comunicare è uno strumento
          imperfetto, a volte complesso,        Le regole per una comunicazione efficace sono semplici ed
          che spesso consuma molte              evidenti, ma, come spesso accade, meno semplice è raggiungere
          delle nostre energie, ma è lo         l’eccellenza nella loro applicazione. In sostanza tutto ruota intor-

          strumento migliore di cui l’uomo      no a tre punti facilmente intuibili: il primo è capire veramente
          dispone per risolvere questioni       cosa vogliamo ottenere con la nostra comunicazione; il secondo è
          grandi e piccole, dai conflitti       quello di tener presente chi è il nostro interlocutore, cosa pensa e
                                                vuole; il terzo infine è decidere un percorso convincente.
          internazionali alle più semplici      Solo per fare un esempio: se devo andare a prendere una persona
          necessità quotidiane. L’uomo in       e portarla a casa mia, devo - sembra banale - sapere dove abito,
          quanto “animale sociale” non può      dov’è la persona e quale tragitto sia più pratico in funzione del
          prescindere dalla relazione con i     momento. E allora qual è l’ostacolo? Beh, nella mia lunga espe-
          suoi simili.                          rienza ho capito che l’ostacolo principale è la non abitudine ad
                                                esercitare la propria volontà di comunicare in modo corretto,
                                                lasciando invece troppo spazio ad emozioni non sempre consa-
                                                pevoli o premeditate, ma non per questo meno nocive. Non si
                                                tratta certo di malafede, ma piuttosto di scarsa consapevolezza e
                                                poca chiarezza di volontà. Cerco di spiegarmi meglio. Proviamo
                                                a partire non dall’inizio, ma dal secondo punto che forse è il più
                                                evidente. Quante volte ci mettiamo nei panni del nostro interlo-
                                                cutore? Come ci comporteremmo noi, se i ruoli fossero invertiti?
                                                Quanta attenzione dedichiamo a capire il suo modo di ragionare,
                                                la sua cultura, le sue sensibilità e motivazioni?
                                                Per assurdo, il problema si aggrava se siamo delle “brave perso-
                                                ne”: la convinzione - spesso legittima – di avere ragione ci dà,
                                                inconsciamente e per abitudine stratificata, una sorta di diritto
                                                istintivo ad essere capiti, diritto del tutto speculare con il dovere
                                                dell’interlocutore di accettare la nostra tesi palesemente inoppu-
                                                gnabile. Peccato che questo non accada quasi mai nella realtà. La
                                                comunicazione serve sempre ad influenzare un comportamento,
                                                anche senza che vi siano intenti manipolatori. Siamo sicuramen-
                                                te in buona fede, ma comunichiamo sempre perché qualcuno
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