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Una ingiustizia invisibile
Fino a tempi molto recenti la violenza contro le donne anche
in Occidente è stata quasi invisibile, perché talmente conna-
turata con la tradizione, i valori dominanti e le leggi, da pas-
sare inosservata, come fosse un evento naturale. Prima degli
anni Settanta del Novecento anche le violenze più estreme,
se commesse nell’ambito della famiglia, erano legittimate e
socialmente accettate.
Il concetto stesso di violenza contro le donne non esisteva.
I casi estremi di omicidio, ad esempio, se si configuravano
come ‘delitto d’onore’ prevedevano pene molto limitate. Lo
stupro era considerato reato contro la morale e non contro la
persona; facilmente si riteneva che fosse stata lei a provocare
la violenza stessa. Nel caso di rapimento violento per costrin-
gere una ragazza a un matrimonio non gradito, la celebra-
zione del matrimonio stesso sollevava il violentatore da ogni
responsabilità e la giovane vi acconsentiva perché la propria
onorabilità era stata ormai violata.
Val la pena sottolineare come, grazie alla legge n. 168 approvata
il 24 novembre 2023, il Parlamento sia intervenuto inaspren-
do le pene e rendendo più veloce l’azione di contrasto rispetto
a quanto già stabilito dal “Codice rosso” contro la violenza di
genere. Certo la repressione penale, come abbiamo purtroppo
già visto, non salverà automaticamente le donne, ma testimonia
la presa di coscienza della gravità della questione da parte della
società e la conseguente necessità di contrasto.
L’ordinarietà della violenza di genere
Gli autori delle violenze contro le donne sono per lo più
‘normali’, senza problemi di alcol, droga o disturbi mentali.
Solo in minoranza sono degli sconosciuti, perché più frequen-
temente si tratta di persone che appartengono alla cerchia dei
parenti, degli amici e dei conoscenti e il crimine è consumato
nei luoghi di lavoro o in famiglia. È proprio la casa, e non
la strada, il luogo dove le donne corrono i maggiori rischi di
essere picchiate, violentate, uccise.
La donna continua ad essere considerata proprietà personale
del maschio, che non accetta il suo diverso punto di vista o il
tentativo di costruire un progetto di vita alternativo. Ecco che
scatta la minaccia, l’intimidazione verbale e fisica, che porta ai
maltrattamenti e anche alla morte.
Oggi è diventata tragicamente familiare la parola “femmmini-
cidio” - specie dopo l’assassinio della giovane Giulia Cecchet-
tin - utile a definire questo tipo specifico di assassinio.
Inaccettabile continua ad essere anche il modo con cui questi
tragici fatti di cronaca vengono presentati: quando un uomo
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